Monteiasi, 31 03 01
Ex-Casa Comunale
Presentazione del libro “Quando si dice il cielo” di Dina Turco.
Dina
Turco è la figlia di Marta, nipote di Don Bruno Falloni. Marta (come
familiarmente veniva chiamata in paese, poi divenuta maestra di pianoforte e
coniugata con Giuseppe Turco di Pulsano) è vissuta sin da ragazza con lo zio
sacerdote e con la nonna(signora Malvina) nelle parrocchie ( Torricella,
Monteiasi, Pulsano) in cui lo zio esercitò la sua azione pastorale.
Dina Turco ha svolto una complessa opera di ricerca e di studio sulla vita e le opere di Don Bruno; lo ha fatto con lo scrupolo che la contraddistingue, con la capacità che le fa onore ma le saremmo stati molto grati se avesse considerato la sua opera come un’operazione storiografica messa in vendita nelle librerie senza “disturbare” la memoria che in Monteiasi resta viva della figura di Don Bruno solo perché è stato nostro parroco, mai per motivi diversi da questi, fossero pure i più altisonanti.
Monteiasi, la comunità di Monteiasi, i parrocchiani di Monteiasi non hanno mai visto in Don Bruno l’ex-cappellano, l’ex-militare, l’ex-repubblichino, l’ex-….
Non credo proprio di essere l’unico a pensarla così; bastava guardarsi intorno nel corso della presentazione per cogliere lo sguardo attonito dei convenuti.
Che Don Bruno avesse fatto parte di schieramenti militari fortemente connotati sotto il profilo politico, personalmente l’ho appreso nel marzo del 1997 quando a Taranto sono venuti in visita gli ex-prigionieri del Campo “S”; in quell’occasione avevo letto l’annuncio sul Corriere del Giorno e mi recai quale appassionato di storia e di storia locale, in particolare.
Ricordo perfettamente che nei primi anni dalla fondazione del Gruppo (Anonimo ’74), allorché cominciammo ad essere attenti alle cose di ordine storico, un componente del Gruppo (Daniele Gasparro) ogni tanto mi accennava al fatto di aver letto da qualche parte di vicende che riguardavano la vita di Don Bruno e che fossero di una grande importanza ma anche di una grande delicatezza. Il sottoscritto e chiunque altro ne è venuto a conoscenza, non si è mai preoccupato di venire a capo di quelle notizie che per noi sono rimaste nebulose e indefinite. Significa che non ci siamo mai preoccupati di stabilire la natura e la portata di quelle notizie perché qualunque fosse stata la loro entità e connotazione non ci riguardavano né riguardavano la vita del Don Bruno nostro parroco, nostro pastore, nostro “padre”, nostro amico, nostro fratello maggiore.
L’atteggiamento mio e nostro corrispondeva ad una sorta di pudore derivante dal fatto che qualunque cosa fosse stato Don Bruno prima di venire a Monteiasi non poteva che essere una cosa buona e quindi non ci interessava più di tanto approfondirne il mistero.
Perché lui (Egli) era buono, era generoso, era forte di una forza che avrebbe impiegato per chiunque, cara Dina, non per la divisione Lupo e simili. Don Bruno, se non ti pesa il mio parere, scelse di fare il cappellano perché convinto di rendersi più utile stando vicino a dei giovani che andavano in guerra piuttosto che fare il parroco di campagna, ma, sta’ tranquilla, che l’avrebbe fatto per qualunque formazione militare, di qualunque colore politico.
Ridurre la figura di Don Bruno ad un’operazione di colore, a mio modesto parere, ne distrugge la sacralità degli intenti, la grandezza dell’uomo. Quando è venuto a Monteiasi non è venuto per “addomesticare i comunisti”, è venuto per diffondere il Vangelo di Cristo e col peso della “croce” sulle spalle ha sempre affrontato tutte le difficoltà di ogni ordine, favorendo sempre tutti, specie i più deboli; ho assistito personalmente alla stesura di lettere di raccomandazione che affidava a padri di famiglia in cerca di lavoro perché si presentassero presso persone che potessero aiutarle.
Se proprio, cara Dina, ci tieni a saperlo ma tanto te l’ho detto anche di persona, purtroppo vanamente tanta è la tua foga di assegnargli una divisa ed un’etichetta, Don Bruno “passava” nell’ambiente politico locale per uno di sinistra perché era contro i rappresentanti (dell’epoca) del potere e dello strapotere. Se fosse stato, sia pure in minima parte come lo descrivi, sarebbe stato in combutta e in comunione di intenti con quelle persone che in realtà disdegnava perché non vicine agli interessi del popolo; non del popolo comunista o fascista; del popolo e basta! (sic et simpliciter). Aveva lo spirito, la forza e il coraggio delle grande idee: la cultura, l’istruzione, il lavoro, la giustizia e la giustezza per le cose giuste, giuste secondo il Vangelo non secondo gli uomini.
Con lui, da ragazzo a giovane, ho imparato tante cose; ho imparato a lavorare per la comunità non per una parte delle persone della comunità, ho imparato che gli altri (il prossimo) non sono mai totalmente cattivi o totalmente buoni, sono gli altri, sono delle persone come ciascuno di noi con pregi e difetti; anche contro le posizioni più dure ( e ce ne sono state di situazioni) Don Bruno non mi ha mai usato, non mi ha mai aizzato contro, mi ha sempre assicurato la massima garanzia di equità e, nei casi estremi, ha revocato a sé la decisione massima.
Questo sentivo il bisogno di dire, questo ho detto, senza acrimonia, senza pregiudizi, a “cuore aperto”, come avrebbe fatto lui ma con molto più garbo di quanto ne abbia messo io.
Aldo Galeano